GIOVEDÌ 25 – VENERDÌ 26 MAGGIO: gita nei giardini nell’agro-laziale bonificato: Ninfa e La Landriana

Giardino di Ninfa
La sua storia

Il nome Ninfa deriva da un tempio di epoca romana costruito nei
pressi dell’attuale giardino e dedicato alle divinità delle acque sorgive.

Ninfa faceva parte di un più vasto territorio chiamato Campagna e Ma-
rittima.

Nel VIII secolo entrò a far parte dell’amministrazione pontificia ed
ebbe un ruolo strategico per la presenza della via pedemontana, che
permetteva di recarsi al sud evitando la Via Appia, spesso impaludata.
Dall’XI secolo Ninfa assunse il ruolo di città e fu governata da varie

famiglie nobiliari come i Tuscolo, i Frangipane, sotto i quali fiorì l’archi-
tettura cittadina e crebbe l’importanza economica e politica di Ninfa.

Nel 1159 il cardinale Rolando Bandinelli fu incoronato pontefice
Alessandro III nella chiesa di Santa Maria Maggiore, i cui ruderi sono
ancora visibili.

Nel 1298 Benedetto Caetani, noto come Papa Bonifacio VIII, acqui-
stò Ninfa ed altri territori limitrofi per suo nipote Pietro II Caetani, se-
gnando l’inizio della presenza dei Caetani nel territorio pontino e le-
pino.

Nel 1382 Ninfa fu saccheggiata e distrutta da parte delle truppe so-
stenitrici dell’antipapa nel Grande Scisma. La città non fu più rico-
struita, anche a causa della malaria che infestava la vicina pianura; i

pochi abitanti rimasti se ne andarono lasciandosi alle spalle i resti di
una città fantasma e gli stessi Caetani si spostarono a Roma e altrove.
Le chiese continuarono ad essere officiate dagli abitanti delle vicine

colline per tutto il XV e in parte del XVI secolo, per poi essere abban-
donate. Oggi rimangono i ruderi di cinque chiese i cui affreschi furono

distaccati nel 1971 per essere conservati nel castello Caetani di Ser-
moneta: san Giovanni, san Biagio, san Pietro fuori le mura, san Salva-
tore e santa Maria Maggiore.

Nel XVI secolo il cardinale Nicolò III Caetani, amante della botanica,
volle creare a Ninfa un “giardino delle delizie”: fece realizzare, accanto
alla rocca medievale, un hortus conclusus, un giardino delimitato da
mura con impianto regolare, coltivandovi pregiate varietà di agrumi, fra
cui il Citrus Cajetani.
Nel XVII secolo anche il Duca Francesco IV, “buono al governo dei

fiori”, si occupò dell’hortus conclusus ma ben presto la malaria co-
strinse anche lui ad abbandonare Ninfa. Della sua opera rimangono le

polle d’acqua e le fontane.

Alla fine dell’Ottocento i Caetani ritornarono sui possedimenti da

tempo abbandonati. Ada Bootle Wilbraham, inglese e moglie di Ono-
raro Caetani, con due dei suoi sei figli, Gelasio e Roffredo, si occupò

di Ninfa creandovi un giardino in stile anglosassone. Bonificarono le
paludi, estirparono gran parte delle infestanti che ricoprivano i ruderi,

piantarono i primi cipressi, lecci, faggi, oggi maestosi, rose in gran nu-
mero e restaurarono alcune rovine, fra cui il palazzo baronale (munici-
pio), che divenne la casa di campagna della famiglia, oggi sede di al-
cuni uffici della Fondazione Roffredo Caetani.

La realizzazione del giardino fu guidata soprattutto da sensibilità e sen-
timento, seguendo un indirizzo libero, spontaneo, informale, senza una

geometria stabilita. A Gelasio si deve la riorganizzazione del sistema

idrico: sfruttando la potenza delle acque furono realizzate delle sugge-
stive vie fluide formate dal susseguirsi di laghetti, cascate e ruscelli

che ancora oggi si insinuano nella vegetazione.
Nel 1934, alla sua scomparsa, si occuparono del giardino il fratello
Roffredo, musicista e compositore e la moglie Marguerite Chapin,

americana e instancabile mecenate, letterata, giornalista e collezioni-
sta d’arte, oltre che editore di due importanti riviste letterarie “Com-
merce” e “Botteghe Oscure”. Se Ada si dilettava a creare orti e a pian-
tare alberi, fu Marguerite a trasformarlo in un giardino paesaggistico

all’inglese, introducendo nuove specie di arbusti e rose.
L’ultima erede e giardiniera fu Lelia, figlia di Roffredo e Marguerite.
Donna sensibile e delicata, curò il giardino come un grande quadro,
essendo lei una pittrice, accostando colori e assecondando il naturale
sviluppo delle piante, senza forzature ed evitando l’uso di sostanze

inquinanti. Insieme alla madre Marguerite, introdusse numerose ma-
gnolie, prunus, rose rampicanti e realizzò il rock garden, chiamato an-
che “colletto”.

Nel 1972, cinque anni prima della sua morte, Donna Lelia istituì la
Fondazione Roffredo Caetani, al fine di tutelare la memoria del Casato
Caetani e di preservare il giardino di Ninfa e il castello di Sermoneta.
A partire dal 1976, su un’area di circa 1.800 ettari intorno al giardino,

è nata un’oasi del WWF che mira alla protezione della fauna nel com-
prensorio di Ninfa: è stato realizzato un impianto boschivo ed un si-
stema di aree umide per agevolare la sosta e la nidificazione dell’avi-
fauna ed allo stesso tempo si è cercato di ricreare la vegetazione tipica

della zona, ossia quella prettamente paludosa, già esistente fino agli
anni trenta, prima che la zona pontina venisse del tutto bonificata.

L’area si trova sulla traiettoria di una delle principali rotte migratorie
percorse da uccelli che, provenienti dai paesi africani, si trasferiscono
in varie aree dell’Europa. Dopo la creazione dell’oasi, nella zona si

sono registrati arrivi di alzavole, germani reali, canapiglie, aironi, pa-
voncelle e alcune specie di rapaci.

Il giardino

Dichiarato monumento naturale dalla Regione Lazio nel 2000, il
Giardino di Ninfa si trova nel comune di Cisterna di Latina, in provincia
di Latina. Lo scenario che si presenta al visitatore è quello di un borgo
medievale decadente, costituito dai resti di un castello, di palazzi,
chiese e campanili, circondato da una natura dai colori lussureggianti.
Otto ettari di giardino all’inglese che ospita al suo interno oltre un
migliaio di piante ed è attraversato da numerosi ruscelli d’irrigazione

oltre che dal fiume Ninfa. Il fiume, che trae origine dall’omonimo la-
ghetto, fino alla bonifica integrale scorreva per oltre 40 chilometri

nell’agro pontino, nel primo tratto col nome Ninfa e poi col nome Sisto,

fino a sfociare tra Terracina ed il Circeo; a partire dagli anni ’30 le ac-
que risorgive sono state deviate, poco a sud del giardino, nel corso del

Collettore delle Acque Medie, separandole quindi dal corso del

Ninfa/Sisto. Nelle acque dell’alto corso del Ninfa vive la Trota macro-
stigma, localmente conosciuta anche con il nome di Trota di Ninfa.

Nei pressi della chiesa di San Giovanni è possibile osservare un

noce americano, diversi meli ornamentali, un acero giapponese a fo-
glia rosa, un faggio rosso, un acero a foglie bianche e un pino a foglie

di color argento.
Alla spalle della chiesa di Santa Maria Maggiore una bignonia gialla,
un gruppo di yucca e diversi roseti, mentre presso la facciata principale
si trova un cotinus coggygria, chiamato anche albero della nebbia, con
delle infiorescenze a piumino rosa, simili a zucchero filato ed un cedro
sul cui tronco è poggiata una tillandsia, pianta senza radici che ricava
il nutrimento dall’umidità dell’aria.
Lungo il viale dei cipressi delle erythrina crista-galli, fiori di colore
scarlatto simili ad uccelli tropicali, mentre lungo il viale delle lavande

dei ciliegi penduli, un pino dell’Himalaya, dei banani, un pino messi-
cano ed un’acacia sudamericana.

Nella zona dedicata al giardino roccioso si trovano iberis, eschschol-
zia, veronica, alyssum, aquilegia, dianthus e melograni nani.

Vicino al ponte del macello si trovano clematis armandii a fiori viola,
ortensie rampicanti, aceri, un pioppo; proseguendo lungo il fiume si

incontra un boschetto di noccioli, un acer saccharinum e un lirioden-
dron tulipifera, chiamato anche albero dei tulipani.

Nei pressi del ponte romano una photinia serrulata, gelsomini, glicini
e prima di arrivare al ponte di legno un gruppo di bambù provenienti
dalla Cina.
Al ponte di legno è posta una gunnera manicata, tipica degli ambienti

fluviali brasiliani, dei papiri, un cedro ed una casuarina tenuissima, pro-
veniente dall’Australia.

Sul municipio una lonicera involucrata, mentre davanti al castello
una magnolia stellata.

Giardino di Landriana
La sua storia

La Landriana è una proprietà rurale situata nei pressi di Ardea, sulla
costa Laziale, a poche decine di chilometri da Roma, acquistata nel

1956, ad un’asta giudiziaria, dal Marchese Gallarati Scotti e sua mo-
glie, Lavinia Taverna. I giardini hanno uno dei nomi della famiglia Ta-
verna.

Al momento dell’acquisto il terreno era completamente spoglio, non
ancora bonificato dalle mine della seconda guerra mondiale e sul
quale si abbatteva il vento proveniente dal mare poco distante.
Si iniziò quindi col piantare eucalipti e pini, per contrastare il vento e

creare spazi d’ombra. Prese pian piano forma intorno alla villa un giar-
dino per volontà di Lavinia Taverna, il cui “pollice verde” scaturì dal

germogliare di alcuni semi che le erano stati regalati da un’amica.
Tuttavia, non avendo seguito un disegno preciso, Lavinia si rese conto
che il suo non era un giardino, ma un insieme di piante privo di una
specifica struttura. Fu allora che il Conte Donato Sanminiatelli, amico
di famiglia e amante del giardinaggio, le suggerì di chiamare Russell

Page, il famoso architetto paesaggista inglese, che proprio in quel pe-
riodo, si stava occupando del giardino dei Sanminiatelli a San Liberato.

Russell Page arrivò alla Landriana nel 1967 e comprese che avrebbe
dovuto dare ordine alla grande collezione di piante della Marchesa con

una struttura ben disegnata. L’architetto iniziò il suo lavoro suddivi-
dendo gli spazi in “stanze”: prima di tutto disegnò una pergola da ad-
dossare al casale, un piccolo giardino con una vasca vicino alla sala

da pranzo ed una grande bordura di piante grigie. Poco più in là pro-
gettò un roseto formale (oggi Giardino degli aranci), un giardino per le

collezioni (oggi Giardino degli ulivi) ed un rock garden.

Page tornò a Villa Landriana qualche anno dopo, scoprendo che la
Marchesa, al di fuori delle aree da lui disegnate, aveva continuato a
coltivare nuove piante, provenienti da aree anche molto diverse (dalle
piante mediterranee, a quelle australiane, a quelle della California) e
comprese che il suo schema iniziale avrebbe dovuto essere rivisto.
I giardini furono ampliati e modificati con nuove collezioni di piante, tra
cui eriche, ortensie, rose antiche e camelie, per soddisfare la passione
botanica di Lavinia. Seguendo il consiglio di Page la Marchesa disegnò
lungo sul fianco della collina una scalinata rettilinea (l’attuale Viale
Bianco) per scendere nella zona inferiore, creò un lago artificiale e
continuò a disegnare giardini seguendo i consigli del maestro Russell
Page.

Dopo gli anni Ottanta furono riviste alcune zone del giardino, per or-
ganizzare con più attenzione il concetto delle stanze tematiche e per

migliorare ancora gli accostamenti di forme, di fogliame e di tinte delle
piante. Sparirono i colori più sgargianti e le piante più esotiche, per

creare un giardino che riuscisse a proporre schemi di colore più deli-
cati, giochi di pieni e vuoti accuratamente controllati con le potature,

rigore nel disegno e controllo nella gamma di piante proposte. Nac-
quero così alcuni fra i giardini più noti e belli come la Valle delle rose,

il Viale bianco, il Giardino degli ulivi.

Molte delle piante coltivate sono state cambiate con gli anni; al contra-
rio, però, l’organizzazione degli spazi del giardino ha resistito nel

tempo.
Le ultime modifiche del giardino risalgono a metà degli anni Novanta:
la bordura grigia di Page, ormai soffocata dai pini, venne trasferita oltre
la recinzione del giardino, in un’area completamente dedicata ad un

vecchio frutteto. Inoltre in quegli anni il giardino venne aperto al pub-
blico e ogni anno in primavera e in autunno viene organizzata una mo-
stra mercato di giardinaggio.

Con la scomparsa di Lavinia, nel 1997, l’espansione dei nuovi giar-
dini venne sospesa ma il suo grande lavoro ha lasciato a disposizione

del pubblico un giardino unico in Italia.
Il giardino

I Giardini della Landriana si estendono per oltre 10 ettari all’interno
di una grande tenuta sul litorale laziale, presso Tor San Lorenzo ad
Ardea, a 35 km a sud di Roma.

La caratteristica del giardino è di essere diviso in “stanze” che pren-
dono il nome dalle piante dominanti o dal colore delle stesse: il Giar-
dino delle Eriche (donate dagli amici della marchesa, con molte specie

australiane), il Viale dei Cipressi (delimitato da siepi di Pittosporum to-
bira e tappezzato da Liriope muscari) ,il Giardino degli Ulivi (dove sotto

gli alberi di ulivo si trovano cespugli gialli o lilla di tulipani, salvie, rose,
Turbanghia, Lamium, Ruta graveolens e Phlomis fruticosa), l’Angolo
delle Magnolie (dove è anche presente la Magnolia delavayi), il Viale

Bianco (una bordura di piante con fiori bianchi orla questa lunga scali-
nata: Iberis, Armeria, Gaura, Salvia leucantha, Rosa Romneya, Car-
penteria, Hibiscus “White la France” Hoheria e Sorbus), il Bosco (con

varietà di Camelie), il Giardino dei Meli (nel quale sotto gli alberi di meli
e di ciliegi da fiore crescono i cespugli dei Rhaphiolepis), il Prato dei

Prunus (dove crescono esemplari di Prunus) , il Giardino della Quer-
cia, il Prato Blu (con piante dai fiori blu: Agapanthus, Salvia x Indigo-
spire, Salvia misella, Campanule, Pervinca e Ceanothus), il Giardino

Grigio.
Alle rose sono dedicate tre “stanze”: il Viale delle Rose “Bonica”, con
Convolvulus sabatius, Colletia cruciata; la Valle delle Rose Antiche,
con tante rose dall’inebriante profumo insieme a cespugli di lavanda;

la Valle delle Rose “Mutabilis” dove tra i ciuffi dell’Ophiopogon japoni-
cus regna la rosa che ha la particolarità di cambiare colore del fiore col

passare dei giorni, dal bronzo all’arancio al rosa intenso.
Nel parco venne creato anche un laghetto artificiale: il Lago delle Calle.

È circondato dai cipressi di palude o anche detti cipressi calvi (taxo-
dium distichum), una conifera d’acqua che ha la caratteristica di avere

dei pneumatofori (dei tubercoli radicali affioranti dal terreno), che ga-
rantiscono l’ossigenazione delle parti sommerse dall’acqua.

Alcune “stanze” hanno il tema austero del giardino formale, per esem-
pio il Giardino degli Aranci, con piante d’Arancio, di Acero e di Myrsine

africana tagliata a palla.
Il Giardino all’italiana è un altro giardino formale. È cinto da piante di

Magnolie ed è disegnato a motivi geometrici da siepi di Alloro e di Evo-
nimo, riempiti e colorati da Verbenia lilla.

A fianco dell Giardino all’italiana si trovano i terrazzamenti dei Piccoli
Giardini formali, dove disegni geometrici a losanghe sono formati da
Trachelospermum Jasminoides.

Vicino si trova la “stanza” chiamata Vasca Spagnola. Al centro del giar-
dino si trova una vasca rettangolare colma d’acqua, circondata da

piante di Canfora, con foglie che emanano il caratteristico profumo.

Garden Club Ferrara