“Giardini Estensi” in Piazza Ariostea – “Modulazioni di cultura giapponese”

“Giardini Estensi” in Piazza Ariostea – 4maggio 2025 “Modulazioni di cultura giapponese”
Versailles e Katsura (Paola Roncarati), paesaggi e giardini nei romanzi di Murakami (Silvia Zappaterra) e Ikebana (Maria Teresa Sammarchi).
Di Seguito il testo della relazione di Paola Roncarati:
“Oriente-Occidente: due regge a confronto. Versailles e Katsura”

“Nell’ora a nostra disposizione, possiamo offrirvi qualche flash di una cultura immensa e oggi particolarmente apprezzata perché il viaggio alla scoperta del Giappone è diventato molto ambito. È dalla seconda metà del XIX secolo che si è diffuso in tutta l’Europa l’interesse che ha creato la moda del giapponismo e, nel bene e nel male, essa non è mai declinata, anzi si è solo incrementata.

Distinguo l’attrazione per il Giappone dall’interesse per la Cina, riferendoci -velocemente- ai giardini orientali. Tempo fa abbiamo organizzato una conferenza sulla cultura che presiede alla nascita del cosiddetto ‘giardino all’inglese’ e potremmo riflettere sul fatto che da circa la metà del XVIII secolo, quando si afferma la tipologia del giardino all’inglese, esso si caratterizzò anche per l’introduzione di manufatti e strategie  visuali di chiara ispirazione cinese (pagode, ponticelli  arcuati di legno su laghi e laghetti, padiglioni, gruppi di rocce ecc.) perché le Compagnie commerciali, come la Compagnia delle Indie, dalla Cina riportavano oggetti, disegni e dipinti che incuriosivano gli Occidentali; furono mercanti, affiancati da presenze militari colonizzatrici, che si appropriarono del commercio mondiale. La Rivoluzione americana si scatenò nel 1775 contro i prezzi esosi del te orientale imposti dalla madrepatria Gran Bretagna, da cui le colonie americane si staccarono con la Dichiarazione di indipendenza del 1776.

Fu l’architetto scozzese William Chambers a farsi precursore dell’introduzione di architetture d’ispirazione cinese, introducendo nel 1760, in un giardino noto come l’area dei Kew Gardens a Londra, una pagoda, una torre votiva con le falde dagli angoli rialzati e l’immagine di draghi e altre grottesche, destando curiosità, perplessità, un infinito chiacchiericcio che contribuì a un grande successo della proposta. La pagoda in Cina è una torre di cui ogni piano ha un tetto con falde spioventi e gli angoli rivolti verso l’alto. La torre ha suoi significati, è spesso associata a templi buddisti, con finalità per lo più religiose, anche a protezione di reliquie o per celebrazione di personaggi famosi. Chambers ne fece un uso totalmente decontestualizzato. La grande pagoda di William Chambers ai Kew Gardens (1760), restaurata e riaperta nel 2018, oggi testimonia una cultura ‘paesaggistica’, prodotto architettonico della moda della chinoiserie del Settecento, apprezzata dall’influente Horace Walpole. L’influenza della cultura orientale si afferma e l’architetto Chambers conquistò una tale fama da essere nominato architetto del re. Circolavano numerosi disegni dei paesaggi cinesi e incantavano lo sguardo occidentale, spesso senza un perché … Nei giardini inglesi la loro influenza creò punti focali, non in dialogo con il resto del territorio, mentre nei giardini cinesi tra tutte le componenti vigeva un’armonia frutto di principi filosofici che rimasero estranei all’Occidente, come la forte tensione di origine taoista tra ciò che è fisico e ciò che non lo è, da cui si genera il ‘tutto’. E la miniaturizzazione di ogni particolare di quei giardini avvicina il mondo agli interni delle case allo spirito di chiunque le abitasse, favorendo visioni senza limiti, soprattutto interiori. I Cinesi avevano a disposizione un territorio fisicamente sterminato.

I giardini giapponesi? Sono sicuramente influenzati dalla concezione del paesaggio cinese, ne hanno anche ereditato l’impronta religiosa buddista, ma i Giapponesi vivono su un’isola piuttosto piccola e frastagliata, non uniforme, ed hanno piccoli spazi per cui la visione zen in Giappone ha avuto una fortuna più intensa e profonda che altrove.  Si affermarono gli straordinari giardini secchi (Karesanshui) ricchi di senso, derivati da un trattato di giardinaggio dell’XI secolo (significano ‘natura secca’, con ghiaia a forma di onda e rocce che evocano mare e montagne. Era possibile costruire giardini anche là dove mancava l’acqua. Utili nei monasteri buddisti, soprattutto nel periodo Muromachi (1336-1573). Lo zen è un’illuminazione raggiunta attraverso la pratica dell’operare nel quotidiano, porgendo particolare attenzione ai dettagli che corredano il vivere, dettagli che a noi occidentali potrebbero apparire ‘banali’. È una meditazione che più che una religione, diventa uno stile di vita, basato sull’accettazione consapevolmente di ciò che accade, per farne un argine alle dure prove dell’esistenza, è un esercizio più che una pratica psicologica, come inteso da noi occidentali.

Il Giappone venne costretto ad aprirsi alla cultura occidentale per ragioni economiche, quando nel periodo EDO (1603-1868) il ‘commodoro’ americano Matthews Perry (1794-1858), l’ammiraglio della Marina Militare, con le sue navi ‘nere’ e i cannoni della marina degli Stati Uniti, penetrò con forza nella baia di Edo (antica Tokyo) nell’estate del 1853, aprendo un appetibile mercato ancora vergine al mondo degli affari economici americani e occidentali in genere. Dopo un bombardamento, si patteggiò un rapporto commerciale con gli shogun della potente famiglia TOKUGAWA. Poi da Edo nascerà TOKYO, la qual parola vuol dire ‘capitale dell’Oriente’. Gli stranieri (che nella scrittura giapponese erano definiti NANBANGIN: ‘barbari del Sud’) erano stati espulsi dal Giappone nel XVII secolo, per ostacolare anche la penetrazione dei predicatori cattolici, accusati di volere segretamente conquistare il potere politico locale. Il divieto rimase in vigore fino al 1878.  La chiusura delle frontiere del Paese era stata decretata nel 1637 con un editto shogunale, e da allora non fu consentito di entrare o uscire dal Paese senza permesso. Era finito il periodo MOMOYAMA (1568-1603). Due secoli di chiusura all’influenza del mondo aveva creato pratiche inusuali per l’Occidente, pratiche inconsuete, e la loro ricaduta sulla cultura occidentale fu spettacolare. Dilaga, quindi, nel secondo Ottocento la curiosità, lo studio, la morbosità, la moda del ‘giapponismo’.

E adesso ci soffermiamo sulla VILLA IMPERIALE DI KATSURA (che si presenta ai nostri occhi di occidentali avvolta da un fitto involucro di segni e simboli, che per lo più rimangono ignoti), costruita sul fiume KATSURA nella periferia di KYOTO, città – cuore della cultura tradizionale, caratterizzata da sobrietà ed eleganza. Non si tratta di un solo edificio all’interno di un bellissimo giardino, ma è un insieme di costruzioni di epoche diverse, a partire dal 1603, sotto lo shogunato della famiglia TOKUGAWA; dopo un’epoca che era stata caratterizzata da lotte e guerre sanguinosissime, si avvia un periodo di pace e relativa tranquillità, che durerà due secoli, ma caratterizzata dal grande isolamento del Paese rispetto alla cultura occidentale. Dal 1638 si chiuse il commercio con gli stranieri (all’infuori degli olandesi) e si isolarono e massacrarono i cristiani. La villa è defilata rispetto alla città, è ricerca di quiete e isolamento, benché predisposta per accogliere ospiti. La sua costruzione venne avviata dal principe TOSHIHITO, fratello minore dell’imperatore GOYOZEI, che eresse la costruzione più antica del complesso, la KO- SHOIN, una sorta di sala ufficiale, che s’affaccia su un lago con una veranda che aveva lo scopo di consentire di ammirare la luna, parte di una pratica religiosa, che veniva perseguita anche percorrendo un ponticello arcuato che attraversa il lago e lambiva questa parte antica della villa. Elementi letterari, ripresi dall’opera Genji Monogatari (Storia di Genji, XI secolo) scritta da MURASAKI SHIKIBU, una colta donna di corte, considerata oggi l’Omero del Giappone. Che cosa si nota intorno alla villa? Il giardino è stato concepito come un’area molto articolata tra percorsi di rocce, soffici masse di chiome arboree, parti muschiose, un lago che lambisce la villa, in una generale asimmetria costruttiva molto interessante, che riguarda anche l’architettura ’minerale’ della villa. In realtà ci sono più corpi di fabbrica disposti in modo da richiamare ‘uno stormo di oche in volo ’ collegate diagonalmente. Scopriamo un primo significato simbolico: l’architettura imita quindi la ‘perfezione imperfetta’ della natura, la villa ha spazi irregolari, presenta brusche svolte, l’uomo non deve sentirsi mai centrale, la luce è soffusa e si diffonde attraverso gli SHOJI, paraventi o pareti divisorie rettangolari con ante scorrevoli di carta traslucida, la cui luce non ferisce mai la vista, diffondono la luce in modo gentile (mentre i FUSUMA sono i pannelli divisori opachi o le ante degli armadi a muro). Da ogni finestra si nota un quadro vivente, un angolo del giardino che sembra una pittura sempre diversa; essendo viva, è in movimento. L’architettura è incorniciata dal giardino. Dal terrazzo la sera si ammira la luna che si riflette sull’acqua. Stile architettonico ammirato e studiato dall’americano Frank Lloyd Wright, da Le Corbusier, dal tedesco Bruno Taut che nell’opera Nippon ha scritto di Katsura: “I quadri delle visioni del giardino irrompono inaspettati con effetti sconvolgenti”, in quel contesto “Il tempo dell’uomo è concepito in armonia con il tempo della natura”. Dentro la villa si circola scalzi sul TATAMI, che non è un semplice tappeto- stuoia di misura invariata, ma ha più funzioni: sul tatami si cammina, ci si siede, si dorme. Lo sguardo si apre all’ambiente da seduti, da seduti a terra, e la visione dello spazio presenta un’ottica più bassa rispetto alla nostra, occorre accucciarsi per capire: la scenografia si amplia e si accentua, le proporzioni diventano a misura d’uomo e sono più armoniose. La villa era un luogo di svago per il principe che amava coltivare l’arte del tè e la poesia, in questo contesto nacque anche la poesia hayku. Nulla richiama la coeva reggia di Versailles o la Villa rinascimentale d’Este, capolavoro del giardino all’italiana.”

 
 
 
Garden Club Ferrara